domenica 8 aprile 2012

Equitalia resiste alla revocatoria fallimentare.


Il tema dell'azione revocatoria fallimentare nei confronti di Equitalia ,a seguito dell'iscrizione di ipoteca su beni immobili , in questi anni è stato alquanto dibattuto all'interno dei Tribunali, come ad esempio quello di Bologna, che hanno avuto come indirizzo l'equiparazione della c.d. Ipoteca legale a quella giudiziale, di conseguenza anch'essa soggetta ad azione revocatoria esistendone i pressuposti temporali.

Ultimamente con le sentenze della Corte Suprema di Cassazione n. 3232 e 3398 del 1° e del 15 Marzo 2012 si sono avute due pronunce di particolare rilievo sull'argomento.

Le stesse sentenze hanno precisato  che la natura giuridica dell'iscrizione ipotecaria c.d. esattoriale, ossia quella prevista e disciplinata dall'art. 77 del D.P.R. 29 settembre 1973, n.602 non è soggetta , nell'ambito della procedura fallimentare, all'azione revocatoria di cui all'art. 67 L.F. 

Queste sentenze stravolgeranno  in molti casi gli Stati Passivi ed i Progetti - Piani di Riparto,  che, a mio avviso dovrebbero, a questo punto, recepire questa direttiva.

Nel nostro diritto - civil low - sappiamo che una sentenza non è legge, per quanto autorevole sia quella di Cassazione non sempre trova medesimo riscontro con altra di pari grado.  Premesso questo sarebbe necessario che il legislatore mettesse mano a questa norma, con un chiarimento ad hoc, oppure dovremo attendere, nel caso vi siano sentenze di pari grado di tipo contrario, una pronuncia da parte della Cassazione a Sezione Unite.

Dal mio punto di vista i Curatori, nella predisposizione del progetto di Stato Passivo d'ora in poi dovranno attenersi a quanto emerso da queste due sentenze e nel caso il Tribunale abbia al suo interno preso strade diverse, discuterne preventivamente con il Giudice Delegato alla procedura. 

Ancor meglio se lo stesso Tribunale si pronunciasse dando indicazioni ai Curatori, con apposita  Direttiva.

La considerazione che faccio, che va ben oltre l'aspetto giurisprudenziale e del diritto in sè,  è che ormai gli "interessi "( bisogni ) dello Stato,  sono diventati tanti e tali che si propende per risanare prima le casse di questo, a discapito dei restanti creditori, siano questi privilegiati o chirografari, chiudendo , in un qualche modo, un occhio sulla par condicio.

Vero il detto : "chi ultimo arriva...male alloggia! "

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Giovanni Prati

lunedì 26 dicembre 2011

Composizioni delle crisi da sovraindebitamento- D.L. 212/2011




DECRETO-LEGGE 22 dicembre 2011, n. 212

Disposizioni urgenti in materia di composizione delle crisi da sovraindebitamento e disciplina del processo civile.(11G0255)

(GU n. 297 del 22-12-2011)

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 77 e 87 della Costituzione;

Ritenuta la straordinaria necessita' ed urgenza di emanare disposizioni in materia di composizione delle crisi da sovraindebitamento e sulla disciplina del processo civile, al fine di assicurare una maggiore funzionalita' ed efficienza della giustizia civile;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 16 dicembre 2011;

Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro della giustizia;

Emana

il seguente decreto-legge:

Capo I

DISPOSIZIONI IN MATERIA DI COMPOSIZIONE DELLE CRISI DA SOVRAINDEBITAMENTO

Art. 1

Finalita' e definizioni

1. Al fine di porre rimedio alle situazioni di sovraindebitamento, il debitore puo' concludere un accordo con i creditori secondo la procedura di composizione della crisi disciplinata dagli articoli da 2 a 11.

2. Ai fini del presente decreto si intende per: a) sovraindebitamento: una situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio liquidabile per farvi fronte, nonche' la definitiva incapacita' del debitore di adempiere regolarmente le proprie obbligazioni; b) sovraindebitamento del consumatore: il sovraindebitamento dovuto prevalentemente all'inadempimento di obbligazioni contratte dal consumatore, come definito dal codice del consumo di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005 n. 206.

Art. 2

Presupposti di ammissibilita'

1. Il debitore in stato di sovraindebitamento puo' proporre ai creditori, con l'ausilio degli organismi di composizione della crisi di cui all'articolo 10 con sede nel circondario del tribunale competente ai sensi dell'articolo 4, comma 1, un accordo di ristrutturazione dei debiti sulla base di un piano che assicuri il regolare pagamento dei creditori estranei all'accordo stesso, compreso l'integrale pagamento dei titolari dei crediti privilegiati ai quali gli stessi non abbiano rinunciato anche parzialmente, salvo quanto previsto dall'articolo 3, comma 4. Il piano prevede i termini e le modalita' di pagamento dei creditori, anche se suddivisi in classi, le eventuali garanzie rilasciate per l'adempimento dei debiti, le modalita' per l'eventuale liquidazione dei beni. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 8, comma 1, il piano puo' prevedere l'affidamento del patrimonio del debitore a un fiduciario per la liquidazione, la custodia e la distribuzione del ricavato ai creditori.

2. La proposta e' ammissibile quando il debitore: a) non e' assoggettabile alle vigenti procedure concorsuali; b) non ha fatto ricorso, nei precedenti tre anni, alla procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento.

Art. 3

Contenuto dell'accordo

1. La proposta di accordo prevede la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma, anche mediante cessione dei crediti futuri.

2. Nei casi in cui i beni o i redditi del debitore non siano sufficienti a garantire la fattibilita' del piano, la proposta deve essere sottoscritta da uno o piu' terzi che consentono il conferimento, anche in garanzia, di redditi o beni sufficienti per l'attuabilita' dell'accordo.

3. Nella proposta di accordo sono indicate eventuali limitazioni all'accesso al mercato del credito al consumo, all'utilizzo degli strumenti di pagamento elettronico a credito e alla sottoscrizione di strumenti creditizi e finanziari.

4. Il piano puo' prevedere una moratoria fino ad un anno per il pagamento dei creditori estranei quando ricorrono cumulativamente le seguenti condizioni: a) il piano risulti idoneo ad assicurare il pagamento alla scadenza del nuovo termine; b) la moratoria non riguardi il pagamento dei titolari di crediti impignorabili.

Art. 4

Deposito della proposta di accordo

1. La proposta di accordo e' depositata presso il tribunale del luogo ove il debitore ha la residenza ovvero la sede principale.

2. Il debitore, unitamente alla proposta, deposita l'elenco di tutti i creditori, con l'indicazione delle somme dovute, dei beni e degli eventuali atti di disposizione compiuti negli ultimi cinque anni, corredati delle dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre anni e dell'attestazione sulla fattibilita' del piano, nonche' l'elenco delle spese correnti necessarie al sostentamento suo e della sua famiglia, previa indicazione della composizione del nucleo familiare corredata del certificato dello stato di famiglia.

3. Il debitore che svolge attivita' d'impresa deposita altresi' le scritture contabili degli ultimi tre esercizi, ovvero, in sostituzione delle scritture contabili e per periodi corrispondenti, gli estratti conto bancari tenuti ai sensi dell'articolo 14, comma 10, della legge 12 novembre 2011, n. 183, unitamente a una dichiarazione che ne attesti la conformita' all'originale.

Art. 5

Procedimento

1. Il giudice, se la proposta soddisfa i requisiti previsti dagli articoli 2 e 4, fissa con decreto l'udienza, disponendo la comunicazione ai creditori presso la residenza o la sede legale, anche per telegramma o per lettera raccomandata con avviso di ricevimento o per telefax o per posta elettronica certificata, della proposta e del decreto contenente l'avvertimento dei provvedimenti che egli puo' adottare ai sensi del comma 3.

2. Con il decreto di cui al comma 1, il giudice dispone idonea forma di pubblicita' della proposta e del decreto, nonche', nel caso in cui il proponente svolga attivita' d'impresa, la pubblicazione degli stessi in apposita sezione del registro delle imprese.

3. All'udienza il giudice, in assenza di iniziative o atti in frode ai creditori, dispone che, per non oltre centoventi giorni, non possono, sotto pena di nullita', essere iniziate o proseguite azioni esecutive individuali ne' disposti sequestri conservativi ne' acquistati diritti di prelazione sul patrimonio del debitore che ha presentato la proposta di accordo, da parte dei creditori aventi titolo o causa anteriore. La sospensione non opera nei confronti dei titolari di crediti impignorabili. 4. Durante il periodo previsto dal comma 3, le prescrizioni rimangono sospese e le decadenze non si

verificano.

5. Le procedure esecutive individuali possono essere sospese ai sensi del comma 3 per una sola volta, anche in caso di successive proposte di accordo.

6. Si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile, ma il tribunale provvede in composizione monocratica. Il reclamo si propone al tribunale e del collegio non puo' far parte il giudice che ha pronunciato il provvedimento.

Art. 6

Raggiungimento dell'accordo

1. I creditori fanno pervenire, anche per telegramma o per lettera raccomandata con avviso di ricevimento o per telefax o per posta elettronica certificata, all'organismo di composizione della crisi, dichiarazione sottoscritta del proprio consenso alla proposta, come eventualmente modificata.

2. Ai fini dell'omologazione di cui all'articolo 7, e' necessario che l'accordo sia raggiunto con i creditori che rappresentano almeno il settanta per cento dei crediti. Nei casi di sovraindebitamento del consumatore ai fini dell'omologazione e' sufficiente che l'accordo sia raggiunto con i creditori che rappresentano almeno il cinquanta per cento dei crediti.

3. L'accordo non pregiudica i diritti dei creditori nei confronti dei coobbligati, fideiussori del debitore e obbligati in via di regresso.

4. L'accordo non determina la novazione delle obbligazioni, salvo che sia diversamente stabilito.

5. L'accordo e' revocato di diritto se il debitore non esegue integralmente, entro novanta giorni dalle scadenze previste, i pagamenti dovuti alle amministrazioni pubbliche e agli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie.

Art. 7

Omologazione dell'accordo

1. Se l'accordo e' raggiunto, l'organismo di composizione della crisi trasmette ai creditori una relazione sui consensi espressi e sul raggiungimento della percentuale di cui all'articolo 6, comma 2, allegando il testo dell'accordo stesso. Nei dieci giorni successivi al ricevimento della relazione, i creditori possono sollevare contestazioni. Decorso tale termine, l'organismo di composizione della crisi trasmette al giudice la relazione, allegando le contestazioni ricevute, nonche' un'attestazione definitiva sulla fattibilita' del piano.

2. Verificato il raggiungimento dell'accordo con la percentuale di cui all'articolo 6, comma 2, verificata l'idoneita' ad assicurare il pagamento dei creditori estranei e risolta ogni altra contestazione, il giudice omologa l'accordo e ne dispone la pubblicazione utilizzando tutte le forme di cui all'articolo 5, comma 2. Si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile, ma il tribunale provvede in composizione monocratica. Il reclamo, anche avverso il provvedimento di diniego, si propone al tribunale e del collegio non puo' far parte il giudice che ha pronunciato il provvedimento.

3. Dalla data di omologazione ai sensi del comma 2 e per un periodo non superiore a un anno, l'accordo produce gli effetti di cui all'articolo 5, comma 3.

4. Gli effetti di cui al comma 3 vengono meno in caso di risoluzione dell'accordo o di mancato pagamento dei creditori estranei. L'accertamento del mancato pagamento dei creditori estranei e' chiesto al giudice con ricorso. Si procede ai sensi degli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile.

5. La sentenza di fallimento pronunciata a carico del debitore risolve l'accordo.

Art. 8

Esecuzione dell'accordo

1. Se per la soddisfazione dei crediti sono utilizzati beni sottoposti a pignoramento ovvero se previsto dall'accordo, il giudice nomina un liquidatore che dispone in via esclusiva degli stessi e delle somme incassate.

2. L'organismo di composizione della crisi risolve le difficolta' insorte nell'esecuzione dell'accordo e vigila sull'esatto adempimento dello stesso, comunicando ai creditori ogni eventuale irregolarita'.
Sulle contestazioni che hanno ad oggetto la violazione di diritti e sulla sostituzione del liquidatore per giustificati motivi decide il giudice investito della procedura.

3. Il giudice, sentito il liquidatore e verificata la conformita' dell'atto dispositivo all'accordo e al piano, anche con riferimento alla possibilita' di pagamento dei creditori estranei, autorizza lo svincolo delle somme e ordina la cancellazione della trascrizione del pignoramento, delle iscrizioni relative ai diritti di prelazione, nonche' di ogni altro vincolo.

4. I pagamenti e gli atti dispositivi dei beni posti in essere in violazione dell'accordo e del piano sono nulli.

Art. 9

Impugnazione e risoluzione dell'accordo

1. L'accordo puo' essere annullato dal tribunale su istanza di ogni creditore, in contraddittorio con il debitore, quando e' stato dolosamente aumentato o diminuito il passivo, ovvero sottratta o dissimulata una parte rilevante dell'attivo ovvero dolosamente simulate attivita' inesistenti. Non e' ammessa alcuna altra azione di annullamento.

2. Se il proponente non adempie regolarmente alle obbligazioni derivanti dall'accordo, se le garanzie promesse non vengono costituite o se l'esecuzione dell'accordo diviene impossibile per ragioni non imputabili al debitore, ciascun creditore puo' chiedere al tribunale la risoluzione dello stesso.

3. Il ricorso per la risoluzione e' proposto, a pena di decadenza rilevabile d'ufficio, entro un anno dalla scadenza del termine fissato per l'ultimo adempimento previsto dall'accordo.

4. L'annullamento e la risoluzione dell'accordo non pregiudicano i diritti acquistati dai terzi in buona fede.

5. Nei casi previsti dai commi 1 e 2, si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile, ma il tribunale provvede in composizione monocratica.

Art. 10

Organismi di composizione della crisi

1. Gli enti pubblici possono costituire organismi per la composizione delle crisi da sovraindebitamento con adeguate garanzie di indipendenza e professionalita'.

2. Gli organismi di cui al comma 1 sono iscritti in un apposito registro tenuto presso il Ministero della giustizia.

3. Il Ministro della giustizia determina i requisiti, i criteri e le modalita' di iscrizione nel registro di cui al comma 2, con regolamento da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Con lo stesso decreto sono disciplinate la formazione dell'elenco e la sua revisione, l'iscrizione, la sospensione e la cancellazione degli iscritti, nonche' la determinazione delle indennita' spettanti agli organismi di cui al comma 4, a carico dei soggetti che ricorrono alla procedura. Nel caso di sovraindebitamento del consumatore le stesse indennita' sono ridotte della meta'.

4. Gli organismi di mediazione costituiti presso le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, il segretariato sociale costituito ai sensi dell'articolo 22, comma 4, lettera a), della legge 8 novembre 2000, n. 328, gli ordini professionali degli avvocati, dei commercialisti ed esperti contabili e dei notai sono iscritti di diritto, a semplice domanda, nel registro di cui al comma 2.

5. Dalla costituzione degli organismi indicati al comma 1 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, e le attivita' degli stessi devono essere svolte nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

6. L'organismo di composizione della crisi, oltre a quanto previsto dagli articoli 6, 7 e 8, assume ogni iniziativa funzionale alla predisposizione del piano di ristrutturazione, al raggiungimento dell'accordo, e all'esecuzione dello stesso.

7. Lo stesso organismo verifica la veridicita' dei dati contenuti nella proposta e nei documenti allegati, attesta la fattibilita' del piano ai sensi dell'articolo 4, comma 2, e trasmette al giudice la relazione sui consensi espressi e sulla maggioranza raggiunta ai sensi dell'articolo 7, comma 1.

8. L'organismo esegue la pubblicita' della proposta e dell'accordo, ed effettua le comunicazioni disposte dal giudice nell'ambito del procedimento previsto dagli articoli 5, 6 e 7.

Art. 11

Disposizioni transitorie

1. I compiti e le funzioni attribuiti agli organismi di composizione della crisi possono essere svolti anche da un professionista o da una societa' tra professionisti in possesso dei requisiti di cui all'articolo 28 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni, ovvero da un notaio, nominati dal presidente del tribunale o dal giudice da lui delegato. Con decreto del Ministro della giustizia sono stabilite, in considerazione del valore della procedura, le tariffe applicabili all'attivita' svolta dai professionisti, da porre a carico dei soggetti che ricorrono alla procedura. Nel caso di sovraindebitamento del consumatore le stesse indennita' sono ridotte della meta'.

Capo II

DISPOSIZIONI PER L'EFFICIENZA DELLA GIUSTIZIA CIVILE

Art. 12

Modifiche alla disciplina della mediazione

1. Al decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, sono apportate le seguenti modificazioni: a) all'articolo 5, dopo il comma 6, e' aggiunto, in fine, il seguente: "6-bis. Il capo dell'ufficio giudiziario vigila sull'applicazione di quanto previsto dal comma 1 e adotta, anche nell'ambito dell'attivita' di pianificazione prevista dall'articolo 37, comma 1, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, ogni iniziativa necessaria a favorire l'espletamento della mediazione su invito del giudice ai sensi del comma 2, e ne riferisce, con frequenza annuale, al Consiglio superiore della magistratura ed al Ministero della giustizia."; b) all'articolo 8, comma 5, al secondo periodo sono anteposte le seguenti parole: «Con ordinanza non impugnabile pronunciata d'ufficio alla prima udienza di comparizione delle parti, ovvero all'udienza successiva di cui all'articolo 5, comma 1,».

Art. 13

Modifiche al codice di procedura civile

1. Al codice di procedura civile sono apportate le seguenti modificazioni: a) all'articolo 82, primo comma, le parole: «euro 516,46» sono sostituite dalle seguenti: «euro mille»; b) all'articolo 91, e' aggiunto, in fine, il seguente comma: «Nelle cause previste dall'articolo 82, primo comma, le spese, competenze ed onorari liquidati dal giudice non possono superare il valore della domanda.».

Art. 14

Modifiche all'articolo 26 della legge 12 novembre 2011, n. 183

1. All'articolo 26 della legge 12 novembre 2011, n. 183 sono apportate le seguenti modificazioni: a) al comma 1 le parole: «da oltre due anni» sono sostituite dalle seguenti: «da oltre tre anni» e le parole: «la cancelleria avvisa le parti costituite dell'onere di presentare istanza di trattazione del procedimento, con l'avvertimento delle conseguenze di cui al comma 2.» sono sostituite dalle seguenti: «le impugnazioni si intendono rinunciate se nessuna delle parti, con istanza sottoscritta personalmente dalla parte che ha conferito la procura alle liti e autenticata dal difensore, dichiara la persistenza dell'interesse alla loro trattazione entro il termine perentorio di sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.»; b) il comma 2 e' sostituito dal seguente: «2. Il periodo di sei mesi di cui al comma 1 non si computa ai fini di cui all'articolo 2 della legge 24 marzo 2001, n. 89»; c) al comma 3, le parole: «Nei casi di cui al comma 2» sono sostituite dalle seguenti: «Nei casi di cui al comma 1».

Art. 15

Proroga dei magistrati onorari

1. Al comma 1 dell'articolo 245 del decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51, le parole: « non oltre il 31 dicembre 2011» sono sostituite dalle seguenti: «non oltre il 31 dicembre 2012».

2. I giudici onorari e i vice procuratori onorari il cui mandato scade il 31 dicembre 2011 e per i quali non e' consentita un'ulteriore conferma secondo quanto previsto dall' articolo 42-quinquies, primo comma, dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, nonche' i giudici di pace il cui mandato scade entro il 31 dicembre 2012 e per i quali non e' consentita un'ulteriore conferma secondo quanto previsto dall' articolo 7, comma 1, della legge 21 novembre 1991, n. 374, e successive modificazioni, sono ulteriormente prorogati nell'esercizio delle rispettive funzioni a fare data dal 1° gennaio 2012, fino alla riforma organica della magistratura onoraria e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2012.

Art. 16

Modifiche alla disciplina delle societa' di capitali

1. All'articolo 14, della legge 12 novembre 2011, n. 183 sono apportate le seguenti modificazioni: a) al comma 9, primo periodo, le parole: «collegio sindacale» sono sostituite dalla seguente: «sindaco»;
b) dopo il comma 13, e' inserito il seguente: «13-bis. Nelle societa' a responsabilita' limitata, i collegi sindacali nominati entro il 31 dicembre 2011 rimangono in carica fino alla scadenza naturale del mandato deliberata dall'assemblea che li ha nominati.».

2. All'articolo 6, comma 4-bis del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, dopo le parole: «nelle societa' di capitali» sono inserite le seguenti: «il sindaco,».

Art. 17

Entrata in vigore

1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sara' presentato alle Camere per la conversione in legge.

Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara' inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

Dato a Roma, addi' 22 dicembre 2011.

NAPOLITANO

Monti, Presidente del Consiglio dei Ministri

Severino, Ministro della giustizia

Visto, il Guardasigilli: Severino

giovedì 18 agosto 2011

Le cause della crisi dell'impresa - sintomatologia

Le cause della crisi - sintomatologia

Nel post di oggi  cercherò, succintamente di individuare quali possono essere le cause che influiscono negativamente sull'equilibrio dell'impresa e ne compromettono il suo funzionamento. 

Le cause economiche.
Gli elementi che maggiormente minano il normale andamento dell'impresa vengono individuate tra gli elementi che di norma caratterizzano il funzionamento  costi/ricavi e delle entrate/uscite.
L'equilibrio dell'impresa, pur essendo condizione multi-forze che agiscono all'interno della stessa, ha come momento anteriore per l'analisi delle principali cause che hanno portato alla c risi dell'impresa, quella a carattere economico.
L'equilibrio è economico è pertanto l'uguaglianza tra costi e ricavi; tale condizione, ovviamente, rappresenta l'espressione finale.
La composizione di tali voci, pertanto, risulta composta da una serie di fattori che finiscono con il determinare sia l'equilibrio che lo squilibrio e, col perdurare, la crisi. Un'analisi attenta degli indicatori dell'equilibrio economico, è utile individuare quali sono gli elementi negativamente vanno ad influenzare tale equilibrio.
Un indicatore a cui si fa specifico riferimento è il ROE, che rappresenta l'indice di redditività del capitale proprio e contiene in sé anche gli altri indicatori di redditività delle singole gestioni.
Per coloro meno dentro alla materia è sufficiente che rilevino il dato che trovano a bilancio sotto la voce Utile al netto delle imposte e lo rapportino al patrimonio netto ( ovvero al capitale sociale maggiorato delle riserve).
 I fattori, pertanto, che influenzano il ROE sono: la redditività del capitale investito (a sua volta scomposta tra redditività delle vendite ed il tasso di rotazione del capitale investito), il tasso di indebitamento, il costo dei mezzi di terzi ed il tasso di incidenza della gestione extracaratteristica. Ognuno di questi ratios risulta composto dalle voci di costi e di ricavi che formano il Conto Economico, per cui qualsiasi valore in esso presente andrà ad influenzare la redditività complessiva e, di conseguenza, eventuali squilibri.
Spesso troviamo aziende portanti come risultato d'esercizio una perdita, in questo caso tale risultanza porterà l'indice con segno negativo a significare altresì che tale perdita andrà in percentuale ad erodere il nostro patrimonio netto.
Molti bilanci di aziende vengono spesso "aggiustati" così da portare questo risultato d'esercizio ad un valore positivo, così facendo alterando l'analisi critica e preventiva. Il più delle volte, questi "aggiustamenti" sono  facilmente rilevabili a seguito dell'emergere di anomalie su altri indici.
Questa operazione di alterazione del risultato d'esercizio, che ricordo essere del tutto contraria alle direttive imposte dalla legge e dai principi contabili, come ad esempio spesso si riscontra con l'aumento del valore delle rimanenze a  magazzino, col porre poste a bilancio fatture da emettere con ricavi di non competenza del periodo, con l'applicazione di aliquote ridotte per ammortamenti o capitalizzazioni di costi del tutto fantasiose, o ancora non rilevare perdite su crediti ormai certi ecc..., viene attuata spesso dalle imprese, messa in atto  proprio per alterare tale indice favorendo così un'analisi con valutazione più positiva da parte del sistema creditizio , banche e creditori in generale, per non avere preclusa l'opportunità di continuare ad operare con una certa linearità.
Tutto questo ovviamente stride col voler cercare, con la massima trasparenza, quali siano  le cause che  hanno portato ad una tale situazione di squilibrio,  bisogna pertanto che il consulente attento  attui preventivamente un riesame dei dati di  bilancio ed  apporti ad esso le dovute rettifiche, diversamente rischierebbe di dare indicazioni, seppur in buona fede,  diverse da quelle cui l'azienda ha necessità di ricevere...una medicina sbagliata ad una malattia in parte nascosta.

Le cause finanziarie.
Lequilibrio particolare da cui dipende la situazione  di crisi dellimpresa come abbiamo appena accennato è  quello economico; esso, tuttavia, è strettamente correlato all’andamento finanziario. 
E’  necessario, quindi prendere in esame anche questo aspetto.

Quali sono i fattori di natura finanziaria che possono scatenare una crisi?

In primis, decretano lo squilibrio tra entrate ed uscite, che rappresenta la condizione prima dellequilibrio economico.
Generalmente, le situazioni che configurano uno squilibrio finanziario sono individuate nelle seguenti:
1) grave carenza di mezzi propri e corrispondente prevalenza di mezzi di terzi (eccessivo ricorso al leverage);
2) marcata presenza di indebitamento a breve rispetto alle altre tipologie di fonti;
3) mancanza di omogeneità tra fonti di finanziamento ed impieghi (gli investimenti a lungo termine vengono finanziati da fonti a breve e viceversa);
4) insufficienza o scarsezza di riserve di liquidità;
5) scarsa o nulla capacità dellimpresa di contrattare le condizioni dellindebitamento;
6) difficoltà a rispettare le scadenze relative a pagamenti verso fornitori o enti.
La composizione del dedito  è senza dubbio il fattore che maggiormente incide sulla gestione finanziaria dell’impresa ( capitale proprio o di terzi).

In termini di indici, lo squilibrio finanziario si manifesta in:
- rigidità eccessiva degli investimenti con una forte prevalenza delle immobilizzazioni che indica unesposizione al rischio dellimpresa a fronte di particolari turbolenze ambientali;
- forte indebitamento aziendale, segnale di rischio finanziario, particolarmente grave se definito da una prevalenza del debito a breve termine;
- il capitale circolante netto (pari alla differenza tra attività e passività correnti), che costituisce una prima misura della solvibilità a breve termine dellimpresa, se di segno negativo evidenzia che la copertura di parte dellattivo immobilizzato avviene mediante poste del passivo corrente;

Posso tranquillamente affermare che la quasi totalità delle nostre PMI soffre di questi aspetti, essendo quasi tutte prive di adeguato capitale proprio, così facendo indebitandosi verso il sistema banche e fornitori oltre il livello di guardia.  Nei momenti di crisi del sistema economico globale, a maggior ragione queste realtà imprenditoriali vengono a trovarsi in condizioni  di maggior difficoltà, contraendosi le linee di affidamento e con l’incremento dei tassi, la forbice si stringere a tal punto da rischiare di venire tagliati fuori dall’intero  ciclo economico – produttivo.

Le cause patrimoniali.

Connesse alle cause di crisi economiche e finanziarie, sono quelle patrimoniali.

Abbiamo già fatto cenno che le cause di eventuali dissesti di origine patrimoniale, il più delle volte vanno ricercate nella composizione e nella struttura del patrimonio, in particolare per quanto riguarda la consistenza del capitale proprio.

 A tale scopo, si riportano di seguito due indici che riguardano la struttura del patrimonio.
La struttura del patrimonio, in genere, è analizzata principalmente tramite due differenze:

a) il margine di struttura (pari alla differenza tra capitale proprio e attivo fisso) che appare fortemente negativo a causa di un capitale proprio basso e da una accentuata esposizione debitoria a cui è stato necessario far fronte (tale situazione è detta di sottocapitalizzazione);

b) il margine di tesoreria (pari alla differenza tra liquidità immediate e differite e il passivo corrente) esprime la capacità dellimpresa di far fronte al pagamento dei debiti a breve mediante attività circolanti liquide; esso può essere negativo, senza che ciò comporti squilibri, ed evidenziare andamenti naturalmente variabili nel corso della vita dellazienda. Il suo andamento, tuttavia, va monitorato assieme a quello del margine di struttura, al fine di verificare la eventuale presenza di situazioni patologiche a livello finanziario o patrimoniale.

Dopo questa breve carellata non dobbiamo scoraggiarci di fronte ai risultati  perchè come diceva Albert Einstein " Non tutto ciò che può essere contato conta. Non tutto ciò che conta può essere contato."

Impresa - Ripresa con Stile Consulting

Giovanni Prati

sabato 7 maggio 2011

L'informatica al servizio della gestione aziendale


L'azienda può essere rappresentata come una piramide suddivisa in tre tronconi.
La fascia bassa, normalmente concentra in sè le funzioni aziendali di tipo "opeartivo". In ques'area sono occupate la maggioranza delle persone. In quest'area la componente operativa è predominante rispetto a quella decisionale.
Passando alla fascia intermedia, collochiamo coloro che hanno funzioni di tipo "decisionale", rientrano tra questi anche coloro che si occupano del controllo di gestione.
Ancora sopra, nell'ultima parte del triangolo troviamo il top management. Qui la parte operativa è particolarmente ridotta, mentre sono favorite le attività di tipo direzionale.

I confini tra una fascia e l'altra sono spesso poco chiaramente definiti, soprattutto se l'azienda è di piccole dimensioni, e non sempre le fasce sono tre e così chiaramente separate.
In questi ultimi due decenni e più, l'informatica ha aggredito ed invaso le fasce basse, operative, delle aziende. in questo modo molti dei problemi di un tempo sono stati superati, quali ad esempio la fatturazione, la contabilizzazione e gestione del magazzino ecc... .

Davanti a questa attività di crescita a cui diamo il nome di Data Processing, che ha permesso di comporre pezzo dopo pezzo un mosaico prezioso ed irrinunciabile,
ancor oggi molte delle  PMI ne hanno un utilizzo limitato, ovvero non hanno permesso a  questi strumenti di entrare a far parte appieno del clclo di controllo dell'azienda.

Molti imprenditori ancor oggi non hanno ben chiaro che i dati sono una risorsa aziendale fondamentale, e continuano a considerare il sistema informatico solo uno strumento utile alla contabilità generale o come un nuovo utilizzo della vecchia macchina da scrivere che ora permette in più l'archivio di documenti, fatture, lettere, offerte ecc... . Sembra strano dirlo, ma per molti è ancora così.

E' attraverso il sistema informatico che possiamo ottenere informazioni più ampie rispetto a quanto emerge dalla sola elaborazione della contabilità generale, in particolare se questa viene  tenuta all'esterno dell'azienda.

E' necessario che questa venga ampliata da una contabilità discrezionale che fa da supporto al sistema delle decisioni e al controllo di gestione, nello specifico dalla :
- contabilità analitico gestionale, che si pone come scopo la determinazione del costo delle merci e l'accertamento della remuneratività dei prezzi di vendita, l'analisi dei costi e della remuneratività dei canali di distribuzione, il calcolo dei risultati lordi in particolari operazioni;
- budget, con cui si effettua la programmazione aziendale;
- il reporting, costituito dal sistema dei rapporti informativi fatti pervenire ai responsabili della gestione, con cui, confrontando i dati in budget con quelli consuntivi, si esamina il grado di raggiungimento dei risultati e si analizzano le cause degli scostamenti.

L'imprenditore dovrebbe  riesaminare con frequenza metodica, tutti i dati ed elementi della propria azienda, mettendo in discussione le politiche e le routine consolidate, domandandosi ogni volta il perchè quella determinata cosa, progetto, non ha funzionato.  Quasi sempre l'elaborazione critica dei dati informatici ci permette  di analizzare quali siano stati i sintomi   e le manifestazioni  che non ci hanno permesso di ottenere quel risultato sperato. Solo attraverso l'analisi complessiva del processo possiamo giungere a correttivi  in corso d'opera e prendere così decisioni consapevoli che diversamente lasceremmo solo alla nostra capità di intuito.
Molto spesso ho potuto appurare che anche i manager non hanno la giusta contezza dei dati aziendali, proprio perchè non hanno le giuste linee guida di lettura.

Supportare l'azienda con analisi perodiche  ravvicinate nel tempo, permette all'imprenditore di fare scelte mirate e tempestive al fine di permettergli di evitare l'emergere di situazioni anomale incontrollate.

Seneca diceva che : " Non c'è nessun vento favorevole per chi non conosce il porto "; a questo bisogna aggiungere che : " ...non c'è nessuna probabilità di raggiungerlo senza controllare la rotta ".

Impresa - Ripresa con Stile Consulting

Giovanni Prati

giovedì 28 aprile 2011

Crisi d'impresa e pianificazione degli interventi



Da anni  mi vengono poste dagli imprenditori che sono interessati da una crisi della propria impresa, domande del tipo: Le crisi dipendono tutte dagli stessi fattori ?

La risposta è quasi sempre la stessa: "dipende..." , alla quale aggiungo che per quanto uguali o diverse che siano tutte hanno un punto in comune, quelle che non si presentano mai in modo improvviso e repentino, ma sono, salvo casi veramente del tutto eccezionali da contarsi sulle dita di una mano, quasi sempre anticipate da campanelli di allarme.

Un luogo comune a molti imprenditori è che questi campanelli d'allarme quasi mai vengono tenuti nella giusta considerazione.

Premesso quanto sopra, cercherò  in questo breve passaggio, di dare alcune indicazioni di base necessarie a comprendere meglio questi segnali,  e quali siano i principali step da seguire per affronatre la crisi.

Partiamo subito col dire che quando un'impresa viene interessata da una crisi, l'intero suo complesso strutturale viene ad essere coinvolto, di conseguenza a soffrirne.  Se il problema è stettamente identificato in una  sola problematica o area organizzativa allora non si tratta di una vera crisi aziendale, come almeno in questo caso si vuol dare come significato al termine "crisi", ma di una patologia specifica.
Anche queste, tuttavia, non devono essere trascurate, ma affrontate prontamente, stante la possibilità che una tale patologia possa col tempo generare ed estendersi agli altri rami dell'impresa , fino a portarla, per l'appunto, ad essere identificata come crisi.

Il primo punto, di particolare importanza, sta nel fatto che l'imprenditore, manager ecc., si senta, in primis, responsabilizzato di questo. Capita più spesso di quanto uno possa immaginare che l'imprenditore  dia poca importanza a certi segnali, pensando che tanto prima o poi, in un modo o nell'altro,  le cose vadano a sistemarsi da sole.
Pensando, quindi, ad un banale raffreddore non ritengono opportuno chiedere consiglio al medico, mentre hanno una pesante bronchite.  L'imprenditore, sentendosi un tutt'uno con l'azienda, fatica a fare una valutazione del suo stato di salute, quindi difficilmente in una situazione iniziale si rivolge ad un consulente che gli possa dare suggerimenti a riguardo.

Da lì a poco il problema si estende alle altre aree, come ad esempio da un problema di calo delle vendite o un investimento sbagliato si può nel breve tempo giungere ad una situazione di calo dei risultati economici dell'azienda, alla carenza di liquidità ecc.

L'imprenditore attento dovrebbe,  in questa situazione, farsi immediatamente affiancare da un consulente esperto in risanamento aziendale, attenzione anche qua alle scelte, non tutti i  professionisti hanno carattteristiche tali da poter da soli affrontare un intervento mirato.  Bisogna avvicinarsi a professionisti aventi competenze più specifiche,  come ad esempio i consulenti d'impresa con esperienza in ambito di crisi e risanamento.
Normalmente l'intervento in azienda viene ad interessare più figure professionali, di solito è una operazione in equipe, l'importante che tra questi vi sia colui che coordini il gruppo di lavoro, come un direttore d'orchestra.

Vediamo ora quali possono essere le principali fasi del processo di risanamento:

1)  analisi preliminare - questa è la fase volta ad accertare le cause che hanno portato alla crisi, e quanto grave essa sia, se e quante possibilità si prevede vi possano essere per uscirne.
2) elaborazione del piano di risanamento -  qui verranno elencati  i vari interventi previsti  con le rispettive tempistiche di attuazione.
3) valutazione della fattibilità del piano di risanamento -  Non basta trovare il male e mettere sulla carta  i vari interventi possibili, ma diventa necessario cercare di comprendere la fattibilità dello stesso e le possibili alternative, come ad esempio ricorrere ad una procedura concorsuale, stragiudiziale, di liquidazione ecc., soprattutto quando il piano di risanamento per quanto elaborato con attenzione presenti elevati gradi di rischio.
4) messa in atto del piano di risanamento - Questa è una parte molto delicata e va programmata con la massima attenzione, essendo necessario informare  l'intera struttura , a vari livelli, sul processo di attuazione, affinchè sia da questi condiviso.
Non solo condiviso dai collaboratori all'interno dell'azienda quali  dipendenti, consulenti, manager ecc, ma anche dagli esterni quali banche, fornitori ecc..
5) verifica dei vari step e del risultati -  Dato l'avvio al piano di ristrutturazione / risanamento, diventa necessario monitorare ogni fase del programma e ricavarne i risultati  comparandoli con le aspettative ( ad es. budget).

L'analisi più importante resta in ogni caso quella previsionale, ovvero il piano di risanamento prima di essere messo in atto deve avere un progetto serio, concreto e supportato, lasciando il meno possibile al caso. Un'analisi ben pianificata ex ante.

Alcune preliminari analisi delle patologie che potrebbero aver portato alla crisi d'impresa sono da inquadrarsi in :
- crisi da inefficienza
- crisi da sovracapacità/rigidità
- crisi da obsolescenza e decadimento dei prodotti
- carenza di innovazione
-carenza di programmazione e controllo
- carenza da risorse manageriali e umane
- carenza organizzativa
- carenza di liquidità e accesso al credito
- di passaggio generazionale.

Per concludere le crisi d'impresa le possiamo suddividere in due macro categorie,
quelle sanabili e quelle non sanabili.

Nelle prime ci troviamo davanti ad un potenziale aziendale, che pur malato, risulta recuperabile, a volte attraverso una riconversione della stessa impresa; nelle seconde ci troviamo davanti a problemi più facilmente legati alla vita del prodotto, del settore di appartenenza, ma soprattutto ad una malattia che perdura ormai da troppo tempo ed è diventata cronica e non più curabile.

"Prevenire è meglio che curare, partendo dal presupposto che nessuno è immune e che ci si può ammalare di questo non ci si deve mai vergognare". (G.P.)

Impresa - Ripresa con Stile Consulting
Giovanni Prati